Area News

Autorizzazione al pagamento di crediti anteriori

Concordato Preventivo - Autorizzazione al pagamento di crediti anteriori

I debiti sorti prima dell’apertura della procedura di concordato preventivo, ai sensi dell’art. 168 l. fall., non sono mai estinguibili al di fuori del concorso, sicché dal mancato pagamento di essi non possono conseguire effetti di tipo sanzionatorio, ancorché previsti da norme di diritto pubblico, dovendo a tal fine valutarsi il comportamento tenuto dal debitore con riguardo alla intenzionalità dell’inadempimento, correlata alla situazione di giuridica impossibilità di esecuzione del pagamento. (massima Trib. Modena - decreto del 24/2/2014)

L’autorizzazione al compimento dell’atto straordinario consistente in pagamenti di crediti pregressi, al di fuori delle ipotesi espressamente previste dal legislatore per le procedure in continuità aziendale, deve avvenire nel rispetto dei principi generali e cogenti entro cui deve muoversi l’operato del tribunale con riferimento alla soddisfazione dei creditori concordatari, e cioè, da un lato, nel rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione e, dall’altro, in presenza di una evidente e manifesta vantaggiosità dell’atto da autorizzare rispetto a tutti i creditori concordatari.  (massima Trib. Monza - decreto del 25/7/2014)

 

I CASI - Entrambe i provvedimenti affrontano la questione dell’autorizzazione al pagamento di un debito erariale, differenziandosi per le fasi in cui tale autorizzazione viene richiesta, atteso che nella fattispecie affrontata dal Tribunale di Modena il concordato era stato già ammesso, mentre nel diverso caso esaminato dal Tribunale di Monza l’autorizzazione era stata avanzata nella precedente fase cd. prenotativa. 

LE QUESTIONI GIURIDICHE - I provvedimenti in commento, che prevedono peraltro soluzioni diverse alla questio iuris qui affrontata, meritano attenzione almeno per due ragioni, e cioè, da un lato, perché affrontano la questione della autorizzabilità del pagamento di un debito erariale pregresso e, dall’altro, perché consentono di affrontare l’ulteriore problematico profilo di quale sia l’istituto applicabile sia durante la fase prenotativa (nel caso affrontato dal Tribunale di Monza) che nella fase successiva all’ammissione (nella fattispecie esaminata invece dal Tribunale di Modena) per autorizzare, se del caso, il pagamento del debito anteriore.

 Ma andiamo per ordine.

 Presupposto implicito del sopra programmato argomentare è lo scrutinio della esistenza, dopo l’ammissione al concordato preventivo (ma la questio è ora estendibile anche alla fase prenotativa del concordato), del divieto, ancorché non espressamente previsto dal legislatore, dei pagamenti lesivi della “par condicio creditorum”. 

Sul punto, va detto che la giurisprudenza di legittimità si è espressa in modo esplicito (Cass. 12 gennaio 2007, n.  578), affermando, in modo del tutto condivisibile, che - dopo l'ammissione alla procedura del concordato preventivo - non sono consentiti pagamenti lesivi della "par condicio creditorum", nemmeno se realizzati attraverso compensazione di debiti sorti anteriormente con crediti realizzati in pendenza della procedura concordataria, come si desume dal sistema normativo previsto per la regolamentazione degli effetti del concordato, nel quale invero l'art. 167 l. fall., con la sua disciplina degli atti di straordinaria amministrazione, comporta che il patrimonio dell'imprenditore in pendenza di concordato sia oggetto di un'oculata amministrazione perché destinato a garantire il soddisfacimento di tutti i creditori secondo la "par condicio". Peraltro, va aggiunto che l'art. 168 l. fall., nel porre il divieto di azioni esecutive da parte dei creditori, comporta implicitamente il divieto di pagamento di debiti anteriori, perché sarebbe incongruo che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata possa conseguire in virtù di spontaneo adempimento, essendo in entrambi i casi violato proprio il principio di parità di trattamento dei creditori. Ed infine, l'art. 184 l. fall., nel prevedere che il concordato sia obbligatorio per tutti i creditori anteriori, implica che non possa darsi l'ipotesi di un pagamento di debito concorsuale al di fuori dei casi e dei modi previsti dal sistema.

 Ebbene, a tale regime deroga il pagamento di debiti che, per la loro natura o per le caratteristiche del rapporto da cui discendono, assumano carattere prededucibile e si sottraggano quindi alla regola del concorso.

 Ciò posto in termini generali, occorre ulteriormente ricordare, per quanto interessa la odierna trattazione, che il legislatore è recentemente intervenuto (con la L. n. 134 del 7 agosto 2012) dettando una disciplina ad hoc per i pagamenti dei crediti pregressi nel corso del concordato con continuità aziendale.

 Ed invero, è proprio l’art. 182-quinquies, comma 4, che prevede oggi un altro beneficio per la parte proponente un concordato con continuità aziendale: il proponente può chiedere al tribunale, sia con la domanda di concordato vera e propria, sia con la domanda di concordato cd. con riserva, di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, sempreché l’esperto attesti che si tratti di prestazioni essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. Tale attestazione non è invece richiesta nel caso in cui i pagamenti vengano effettuati fino alla concorrenza dell’ammontare di nuove risorse finanziarie apportate al debitore senza obbligo di restituzione ovvero con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori.

 Risulta evidente che la previsione normativa da ultimo richiamata rappresenta, come rilevato dalla dottrina (sia qui consentito il richiamo a Amatore-Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2013, 298), una notevole deroga al principio della par condicio creditorum nell’ambito del concordato, giacché consente di pagare alcuni creditori concorsuali prima del tempo previsto ed al di fuori dei riparti (in giurisprudenza, v. anche Trib. Modena, 15 dicembre 2012, decr.).

 Tale deroga si spiega con la difficoltà di proseguire per altra via nell’attività di impresa se non si assicura il pagamento anche dei debiti anteriori per forniture di beni e servizi strategici, ossia di importanza cruciale per il mantenimento dell’azienda in esercizio.

 Secondo chi scrive, la possibilità di effettuare pagamenti di crediti anteriori poteva già essere considerata eccezionalmente ammessa, previa autorizzazione del giudice delegato ai sensi dell’art. 167, l. fall., quale atto di straordinaria amministrazione.

 Tuttavia, tale autorizzazione poteva intervenire, come tale, solo dopo il decreto di ammissione.

 Ebbene, la norma interviene, ora, sotto un duplice profilo, da un lato, limitando la possibilità del pagamento alle sole prestazioni essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori e, dall’altro lato, rendendo possibile il detto pagamento nel periodo intercorrente fra la presentazione della domanda ed il decreto di ammissione ed estendendo, peraltro, la possibilità di presentare la richiesta di autorizzazione anche nel caso in cui debitore abbia depositato una domanda di ammissione con riserva (cfr. anche Trib. Modena 22 ottobre 2012, decr.).

 La nuova disciplina, nei limiti e nei termini in cui pone un severo regime di controlli, risulta essere del tutto condivisibile, atteso che – solo allorquando il pagamento sia essenziale per la continuazione dell’attività d’impresa – ha senso derogare al principio della par condicio che si applica invece a tutti gli altri creditori (LAMANNA, La legge fallimentare dopo il decreto sviluppo, Milano, 2012, 58, 64 ).

 Ne discende che la norma in esame deve essere interpretata ed applicata restrittivamente, considerato che, a stretto rigore normativo, potrà concedersi l’autorizzazione in discorso solo allorquando i crediti da soddisfare fuori concorso riguardino forniture e prestazioni strettamente necessarie per la prosecuzione dell’attività d’impresa e difficilmente sostituibili con altre prestazioni. In concreto, l’esperto asseveratore dovrà valutare se sia tecnicamente e concretamente impossibile ovvero fortemente antieconomico ricorrere ad altri fornitori, senza che, rinunciando ad essi, possa risultarne compromessa la redditività dell’impresa (Amatore-Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, cit., ibidem).

 Sul punto, va aggiunto, per completezza di indagine, che risulta del tutto condivisibile l’orientamento espresso da parte di quella autorevole dottrina secondo il quale il tribunale non può vedere limitato il suo potere di controllo dall’attestazione dell’esperto, nel senso che, cioè, esso debba limitarsi ad una verifica esterna della attestazione fornita dal professionista circa la essenzialità delle prestazioni generatrici del credito da soddisfarsi fuori concorso. Non può trascurarsi di considerare che viene attribuito al tribunale anche il potere di assumere sommarie informazioni, la cui presenza legittima una valutazione giudiziale di merito e di carattere contenutistico per scrutinare la essenzialità delle prestazioni e la funzionalità dei pagamenti alla migliore soddisfazione dei creditori (LAMANNA, La legge fallimentare, cit., 64).

 Con altre e diverse parole, non avrebbe senso attribuire al tribunale il potere di assumere sommarie informazioni, senza concedere a quest’ultimo la relativa facoltà di valutare autonomamente il contenuto dei mezzi istruttori diretti allo scopo di mettere in discussione le affermazioni valutative contenute nella attestazione del professionista. Va, quindi, soggiunto che, considerata la possibilità di acquisizione delle informazioni senza particolari formalità (così come avviene nelle altre fattispecie di procedimenti camerali in cui è prevista l’acquisizione anche ufficiosa di sommarie informazioni: cfr. artt. 669 - sexies e 695 c.p.c.), potranno sentirsi a chiarimenti il debitore ovvero il professionista attestatore, ovvero richiedersi integrazioni documentali.

 Peraltro, deve essere precisato, per quanto rileva anche in questa sede di commento, che in realtà il quarto comma dell’art. 182 - quinquies è esplicito nell’estendere la possibilità di autorizzazione anche al cd. preconcordato, ma tale estensione si rivela, prima facie, sostanzialmente inapplicabile per l’operare di una invalicabile aporia normativa (LAMANNA, La problematica relazione tra preconcordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazione del tribunale, in ilFallimentarista.it,). Ed invero, la disciplina autorizzatoria in esame potrebbe trovare applicazione, in quanto fosse configurabile un concordato con continuità aziendale anche sub specie di preconcordato, ma ciò è escluso alla stregua di quanto disposto dall’altra norma dettata dall’art. 186 - bis, comma 1, la cui lettura fornisce una definizione in generale della fattispecie del concordato con continuità aziendale. Non si può infatti trascurare di considerare che ricorre l’ipotesi normativa riconducibile alla figura della concordato con continuità aziendale solo allorquando il piano concordatario preveda la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione e quando, altresì, il predetto piano contenga una analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività di impresa, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura.

 Peraltro, la proposta concordataria deve contenere la relazione del professionista di cui all’art. 161, comma 3, il cui contenuto deve inoltre attestare che la prosecuzione dell’attività di impresa prevista dal piano sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

 Non esiste, pertanto, un concordato che possa definirsi con continuità aziendale in mancanza di una o più delle richieste condizioni, che evidentemente mancano tutte in caso di preconcordato, poiché quest’ultimo, come tale, presuppone in re ipsa che non venga subito depositato un piano concordatario, e dunque a maggior ragione non è possibile che sussista la previsione, formalizzata nel piano, della prosecuzione dell’attività di impresa, né una analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi inserita in detto piano né, infine, una attestazione che certifichi la prosecuzione dell’attività d’impresa funzionale al miglior soddisfacimento dei crediti (così, di nuovo LAMANNA, La problematica relazione, cit., ibidem).

 Ne discende che, prima del deposito di un piano definitivo il cui contenuto abbia le caratteristiche formali e sostanziali sopradescritte, non può assolutamente configurarsi un concordato con continuità aziendale e che peraltro i pagamenti di crediti anteriori potranno essere autorizzati solo dopo la presentazione di proposte e piani definitivi che consentano di configurare un concordato con continuità aziendale, e nel ricorso, le condizioni di legge sopradescritte.

 Sembra corretto, pertanto, ritenere che, considerata la scarsa probabilità di accoglimento di una istanza di autorizzazione presentata insieme ad una domanda di concordato con riserva priva di una adeguata documentazione di supporto, il debitore dovrà necessariamente anticipare, almeno nelle linee generali, il contenuto del futuro piano, sia con riferimento alla natura di concordato con continuità (la cui allegazione assertiva costituisce un presupposto essenziale per l’applicazione della norma in esame), sia con il dettaglio necessario e sufficiente a consentire all’esperto di attestare la sussistenza dell’ulteriore presupposto rappresentato dalla essenzialità delle prestazioni (Amatore-Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, cit., ibidem ).

 Per quanto concerne la competenza a concedere l’autorizzazione in discorso, deve ritenersi che sia il tribunale l’organo titolare del potere di concederla, atteso che la norma in esame  non fa alcun riferimento alla figura del giudice delegato.

 Peraltro, deve ritenersi che il collegio sia l’unico organo idoneo a pronunciarsi sulla istanza dal momento del deposito della domanda di concordato sino al decreto di apertura della procedura di cui all’art. 163. Ed invero, solo nella fase successiva potrebbe ipotizzarsi il subentro del giudice delegato  in forza di poteri a quest’ultima attribuiti dall’art. 167 l. fall..

 È il caso di precisare che il pagamento ha carattere preferenziale, perché è eseguibile prima del momento in cui andrebbe effettuato alla stregua delle previsioni della proposta e del piano che riguardano i creditori di pari rango ovvero che siano inclusi nella stessa classe, ma non è altrettanto certo che tale preferenzialità implichi anche la integrità del pagamento, come se il credito fosse sempre prededucibile (ancora, LAMANNA, La legge fallimentare, cit., 66). In realtà, la soluzione negativa sembrerebbe preferibile, poiché ogni deroga alla par condicio dovrebbe risultare espressamente dalla norma chiara ed inequivoca, mentre nel caso di specie manca qualsiasi accenno in proposito. Ne consegue che tali crediti – rispetto al quantum – dovranno essere soddisfatti nella stessa misura per essi prevista nella proposta e nel piano.

 Ciò che occorre chiedersi a questo punto dell’argomentare è se la nuova disciplina dettata dall’art. 182 - quinques, comma 4, l. fall. abbia derogato la precedente, prevendendo la possibilità di pagamento dei creditori anteriori solo nella ipotesi di concordato con continuità aziendale e solo al ricorrere dei rigidi presupposti applicativi dettati dalla norma da ultimo menzionata.

OSSERVAZIONI - Al quesito sopra proposto deve, a parere di chi scrive, fornirsi risposta positiva.

 Ed invero, risulta evidente che la previsione normativa da ultimo richiamata rappresenta, come già sopra osservato, una notevole deroga al principio della par condicio creditorum nell’ambito del concordato, giacché consente di pagare alcuni creditori concorsuali prima del tempo previsto ed al di fuori dei riparti.

 Ebbene, tale deroga si spiega con la difficoltà di proseguire, per altra via, nell’attività di impresa se non si assicura il pagamento anche dei debiti anteriori per forniture di beni e servizi strategici.

 Pertanto, la nuova disciplina, nei limiti e nei termini in cui pone un severo regime di controlli, introduce un nuovo regime normativo in base al quale deve ritenersi che - solo allorquando il pagamento sia essenziale per la continuazione dell’attività d’impresa – sia possibile derogare al principio della par condicio che si applica invece a tutti gli altri creditori.

 Ne discende che il regime autorizzativo per il pagamento dei creditori anteriori deve ritenersi ristretto nei limitati confini applicativi delineati dall’art. 182 - quinques, quarto comma, l. fall., senza che possa ritenersi elargibile tale autorizzazione ai sensi dell’art. 167 l. fall. ovvero,  nel concordato cd. prenotativo, ai sensi dell’art. 161, comma 7, per  gli atti di straordinaria amministrazione, con un regime applicativo pertanto che si estenda anche al concordato liquidatorio latamente inteso.

 In realtà, la norma dettata dall’art. 182 - quinques, comma 4, l. fall. ha voluto restringere la possibilità di deroga al principio della par condicio creditorum attraverso l’autorizzazione al pagamento dei creditori anteriori solo alla ipotesi di concordato con continuità aziendale, con ciò esprimendo una scelta normativa evidente e peraltro razionalmente comprensibile in ragione proprio delle finalità sottese alla introduzione dell’istituto del concordato con continuità. Ed invero, solo in presenza della necessità di soddisfare i cd. creditori strategici per la prosecuzione dell’attività aziendale è possibile, ora, derogando il principio della par condicio e rispettando i rigidi presupposti applicativi dettati dalla norma in commento, soddisfare alcuni creditori anteriori a scapito degli altri.

 Ma così non hanno ritenuto i due Tribunali i cui provvedimenti sono qui in esame.

 Il Tribunale di Modena ha ritenuto infatti applicabile il diverso regime autorizzatorio dettato in via generale dall’art. 167,  comma 2, l. fall., con ciò non ritenendo richiamabile il disposto normativo di cui al predetto art. 182 - quinques, quarto comma, l. fall. dopo l’apertura del concordato preventivo.

Ma la di là di quest’ultimo profilo (che appare invero superabile attraverso il richiamo al dato letterale della norma qui da ultimo in commento), occorre comunque evidenziare, in termini più generali, che, oltre alle considerazioni già sopra illustrate, milita nel senso dell’accoglimento della opzione ermeneutica qui perorata la solida argomentazione secondo cui sembrerebbe irragionevole che il legislatore abbia previsto un regime autorizzatorio più rigido, e ciò con la previsione della necessaria attestazione del professionista e se del caso l’assunzione anche delle sommarie informazioni, proprio in relazione al concordato con continuità aziendale (là dove le esigenze di tutela dei creditori strategici per la prosecuzione dell’attività aziendale è più avvertita), rispetto a quello applicabile ad un concordato liquidatorio (eventualmente già ammesso) ove l’applicazione dell’art. 167, comma 2, l. fall. lascia maggiori margini di opinabilità e discrezionalità al giudice delegato nella concessione della richiesta autorizzazione.

(tratto da IL FALLIMENTARISTA)


stampa Versione per la stampa