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Interferenze tra le autorizzazioni che il Tribunale può concedere al debitore in preconcordato e sovrapposizione dei requisiti

Interferenze tra le autorizzazioni che il Tribunale può concedere al debitore in preconcordato e sovrapposizione dei requisiti
di Filippo Lamanna

Un profilo problematico del tutto particolare attiene al rapporto che intercorre tra le autorizzazioni che il Tribunale può concedere al debitore in preconcordato quando esse interferiscano l’una con l’altra, talora sovrapponendosi rispetto agli atti che ne sono oggetto.
Si pensi ad esempio ad un’autorizzazione richiesta per porre in essere una transazione di carattere urgente, la quale comprenda però anche la concessione di un finanziamento, oppure l’esecuzione di un pagamento immediato di crediti anteriori relativi a prestazioni essenziali di beni o servizi, o lo scioglimento di un contratto. Si può altresì immaginare – fra i possibili casi - che l’autorizzazione sia più semplicemente richiesta, al di fuori dell’ipotizzato ambito transattivo, per ottenere, in difetto di liquidità, un finanziamento interinale finalizzato ad effettuare il pagamento di crediti anteriori per prestazioni essenziali.
Ebbene, per ciascuno di tali atti la legge prevede l’intervento autorizzatorio del Tribunale, ma modulandolo nelle diverse ipotesi in relazione alla sussistenza di specifiche prescrizioni e requisiti.
Quanto alla transazione, essa di norma andrebbe annoverata tra gli atti di straordinaria amministrazione, o comunque tra gli atti soggetti a speciale autorizzazione, essendovi un’esplicita e sintomatica previsione in tal senso, con rilievo di carattere sistematico, nell’art. 167 l. fall., norma che infatti esige esplicitamente che la transazione sia autorizzata, benché non dal Tribunale, ma dal giudice delegato, trattandosi di previsione riferita alla fase successiva al decreto di ammissione. Trattandosi dunque di un atto da ricomprendere tra quelli di straordinaria amministrazione, o di un atto ad essi equiparabile, per porre in essere una transazione in fase di preconcordato occorrerà l’autorizzazione del Tribunale ex art . 161, comma 7, l.fall., sempre che se ne dimostri l’effettiva urgenza (oltre che, come è da reputarsi implicito, l’utilità).
Ma qualora la suddetta transazione preveda – tra l’altro – anche la concessione di un finanziamento o il pagamento di un credito anteriore, ci si chiede: sarà in tal caso necessaria anche la sussistenza degli ulteriori requisiti all’uopo previsti dall’art. 182 quinquies, comma 1, l. fall. per i finanziamenti interinali [ossia, che un professionista designato dal debitore in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lettera d), l. fall., verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione, attesti che tale finanziamento è funzionale alla migliore soddisfazione dei creditori] e/o dal comma 4 di tale norma per i  pagamenti immediati di crediti anteriori [ossia che il concordato preventivo abbia natura di concordato con continuità aziendale, che i pagamenti riguardino crediti corrispettivi per prestazioni di beni o servizi e che un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, comma 3, lettera d), attesti che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori]?
Ancora: sarà necessario ai fini autorizzatorii il duplice requisito previsto sia per i finanziamenti interinali che per i pagamenti di crediti anteriori quando si tratti di un semplice finanziamento finalizzato ad effettuare questi ultimi?
In ultimo, ritornando all’ipotesi della transazione, se questa preveda lo scioglimento (o la sospensione) di un contratto, occorrerà che il Tribunale si pronunci anche a norma dell’art. 169 bis l. fall.?
A mio avviso, la risposta dev’essere positiva quanto ai primi quesiti; negativa, invece, quanto all’ultimo.
Infatti, nel caso dei finanziamenti e dei pagamenti l’art. 182 quinquies l. fall. delinea un regime di divieto (ancorchè di carattere relativo) che s’impone – sia pure attraverso la previsione di effetti sanzionatori distinti – sia in capo al debitore-proponente, che al terzo. In capo al debitore-proponente prevedendosi come conseguenza del compimento dell’atto non autorizzato l’improcedibilità della domanda (ex art. 161, comma 6, in relazione all’art. 173, comma 3, l. fall.); in capo al terzo prevedendosi, come conseguenza del compimento dell’atto non autorizzato, la sua soggezione a revocatoria sia quando si tratti di pagamento anteriore, che di finanziamento, e in quest’ultimo caso scattando anche l’esclusione del beneficio della prededucibilità.
In sostanza, in questi due casi solo l’autorizzazione del Tribunale elimina la possibilità che si verifichino le indicate conseguenze sanzionatorie con riferimento ad entrambe le parti del rapporto. L’autorizzazione quindi è sempre necessaria e ha un effetto protettivo soggettivamente duplice. E siccome l’art. 182 quinquies l. fall. pone, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, requisiti aggiuntivi rispetto a quelli prescritti dall’art. 161, comma 7, l. fall., sembra conseguentemente necessario che proprio tutti ricorrano quando la transazione di carattere urgente abbia ad oggetto (anche) finanziamenti o pagamenti di crediti anteriori. I requisiti sono pertanto oggetto di sommatoria.
La stessa sommatoria, per le medesime ragioni, ma limitatamente ai soli requisiti di cui all’art. 182 quinquies, comma 1 e 4, l. fall. si verificherà altresì quando – al di fuori del caso di transazione – sia richiesto un finanziamento finalizzato al pagamento di crediti anteriori per prestazioni essenziali.
Quando invece intenda porsi in essere una transazione che abbia ad oggetto, tra l’altro, lo scioglimento (o la sospensione) di un contratto pendente, i requisiti per l’autorizzazione, lungi dal sommarsi l’uno con l’altro, in realtà si riducono al minimo elemento.
Infatti, quando il debitore intenda ottenere lo scioglimento (o la sospensione) di un contratto pendente l’autorizzazione del Tribunale è necessaria ex art. 169 bis l. fall. solo perché lo scioglimento ha come fonte una dichiarazione di volontà unilaterale, che sottende l’esercizio di un diritto potestativo (anche se, appunto, condizionato al placet del Tribunale). Il terzo contraente, cioè, non può subire alcuna conseguenza negativa a causa di una decisione unilaterale del debitore intesa allo scioglimento del contratto in mancanza di una previa autorizzazione del Tribunale. Ma se invece entrambe le parti contraenti si accordano per risolvere consensualmente il contratto pendente (ed in tal caso di risoluzione, appunto, deve parlarsi, e non più di scioglimento), è chiaro che l’autorizzazione del Tribunale non è più necessaria alla stregua di una vicenda caducatoria sussumibile nella sfera dell’art. 169 bis l. fall. (non vertendosi più in un caso di scioglimento), ma solo in quanto la risoluzione consensuale si traduca in un atto di straordinaria amministrazione. Deve pertanto accertarsi semplicemente solo se essa abbia tale carattere. Qualora si reputi possibile che essa assuma carattere di atto di ordinaria amministrazione (ad esempio quando e perché da essa derivino solo effetti palesemente incrementativi a vantaggio del patrimonio del debitore concordatario), nessuna autorizzazione dovrebbe considerarsi necessaria. Se si reputi, invece, che la risoluzione sia comunque ex se un atto di straordinaria amministrazione (se non altro a causa del fatto che con essa si realizza comunque una ricognizione di diritti dei terzi: cfr. art. 167 l. fall.), o quando di fatto ed in concreto essa esprima la natura di atto di straordinaria amministrazione, e certamente quando si traduca in atto transattivo, sarà allora sempre necessaria  l’autorizzazione del Tribunale, ma alla sola stregua dell’art. 161, comma 7, l. fall. (in sostanza, dovrà trattarsi solo di atto utile-urgente).
Chiaro peraltro che, se la risoluzione consensuale di carattere transattivo ed urgente avesse ad oggetto un contratto pendente per il quale non sarebbe in ogni caso possibile l’autorizzazione allo scioglimento unilaterale, come è a dirsi ad esempio per i contratti di lavoro (cfr. art. 169-bis, comma 4, l. fall.), nemmeno in astratto potrebbe porsi un problema di sovrapposizione di regimi autorizzatori. Una sovrapposizione potrebbe tuttavia ritornare ad operare in tale ipotesi se una delle clausole dell’accordo risolutivo prevedesse anche il pagamento di crediti anteriori del lavoratore, nel qual caso una sovrapposizione potrebbe esservi appunto con la disciplina di cui al citato art. 182 quinquies, comma 4, l. fall. Si riproporrebbe allora la già detta necessità di sommatoria dei requisiti autorizzatorii (quelli previsti per la transazione come atto urgente di straordinaria amministrazione con quelli previsti per i pagamenti dei crediti anteriori nei concordati con continuità aziendale). Resterebbe non dimeno da risolvere – più in generale - il problema dell’ammissibilità dei pagamenti di crediti anteriori. Infatti non solo a mio avviso, ma anche secondo un orientamento espresso ormai da molti Giudici di merito, non è mai configurabile nel preconcordato la fattispecie del concordato con continuità aziendale, la quale soltanto può eccezionalmente giustificare il pagamento di crediti anteriori, e ciò perché ancora mancano in tale fase, per definizione, fattori essenziali ai fini dell’integrazione della fattispecie: quel piano, previsto dall’art. 186 bis, comma 2, l. fall., che deve contenere un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura; nonché la relazione del professionista di cui all’articolo 161, terzo comma, l. fall. la quale deve attestare che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori. Dal che deriva che durante il preconcordato nemmeno mediante una transazione che contenesse la risoluzione consensuale del contratto pendente sarebbe possibile prevedere il pagamento dei crediti anteriori della controparte contrattuale.
Ciò almeno nei casi in cui la transazione non abbia carattere novativo, potendo forse ipotizzarsi, almeno in astratto, una soluzione più liberale quando la transazione un carattere novativo ce l’abbia, sempre che si reputi che con essa sia possibile mutare efficacemente (anche con l’autorizzazione necessaria del Tribunale) il titolo del credito da soddisfare, sì che il pagamento possa conseguentemente imputarsi ad un credito non più anteriore, qual era prima, ma ad un credito derivante ora da una fonte negoziale ricadente nella fase preconcordataria (evenienza in cui al pagamento potrebbe conseguentemente riconoscersi il carattere di atto legittimamente compiuto nella sfera dell’ordinaria amministrazione).

Estratto da il Fallimentarista